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136 | ricordi delle alpi. |
e un’annerita pipa in bocca, che sembra lor necessaria a mantenerli di buon umore.
È bello vederli, questi boscaiuoli, a certe ore di notte accoccolati nella cavità d’uno masso sporgente, sotto il tetto d’improvvisate capanne, dinanzi pochi tizzoni accesi, la cui fiamma rossigna riflettendosi su’ volti loro, ne rivela le singolari espressioni, le diverse maniere e tipi. I discorsi volgonsi alle loro montagne, si aggirano sulle famiglie lontane, prendono esca dalle congetture ordinarie dei raccolti, e non cessano di colorire in modi strani quella loro vita tutta semplice e scabra.
Al tepore delle prime notti di primavera, quando il cielo fa pompa del suo bellissimo azzurro punteggiato di astri, o che la luna dietro qualche vetta acuminata spunta a salutare la valle con le argentee sue corna, queste scene meriterebbero d’essere ritratte dal pennello di Salvatore Rosa, — se umano pennello potesse ritrarle!
I borrellaj di guardia debbono avvertirsi l’un l’altro con voci di gergo tutte le volte, che la sovenda resti ingombra o libera di legnami, e quando lo sdrucciolamento dei pezzi si deve cominciare, sospendere o finire. Per esempio, quando deve cessare la spinta delle travi, gridano: Abau, abau! e quando