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112 | ricordi delle alpi. |
Un forte singhiozzo fu la mia risposta; poi continuò fioco e solenne.
— Oh!... ecco l’altra vita.... Come sentomi leggiero!... Se di là i destini umani sono conosciuti, scenderò sul tuo capezzale per aprirti que’ della patria, e i miei....
Alcuni momenti dopo, Enrico era spirato.
Eccoti una storia ben dolorosa, amico; te l’ho narrata in tutta la sua integrità per debito di coscienza, per religione di affetti: la sventura accadde or sono otto giorni, ma io te ne differii l’annunzio perchè se ne mitigasse alquanto l’amarezza dello spirito.
Lo seppellimmo poveramente, con l’umiltà di chi crede e di chi spera. Un drappello di conoscenti e d’amici si raccolse sulla sua tomba e gli diede l’ultimo vale; poi vi piantammo la croce, che dice il suo nome e segna una data....
Sia pace alle sue ossa!
Amen!
Addio, carissimo, sta sano, e raccogli dal dolore alimento di forza e di perseveranza: rammentami, e sii certo che ho sempre la tua immagine nell’anima e nel cuore. Vale.
Genova, 1° settembre.
Riccardo.»