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lettera di riccardo. 111

la sua nella mia destra, manifestandomi con deboli compressioni gli amorosi moti del cuore.

Tutte le cure che l’arte può somministrare, gli vengono con cura studiosa apprestate dai famigli e dalla padrona di casa. — Io mi ritiro per poco.

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Ritornai presso di lui, e vi rimasi sino all’ultimo respiro: la sua mente era sempre libera, il parlare difficile. Verso mezzanotte volle sedersi sul letto, e noi lo adagiammo con tutta cura: all’appressarsi del mattino parve gli fosse ritornato un po’ di forze; non era che l’ultimo brillare della fiamma vitale: poco dopo disse: — È l’ora, la sento: ricordati di me.... quando non sarò più. Scrivi per me all’amico.... e narragli questi addì.... Là, a Staglieno, mi si seppellisca in alto,.. lassù nella collina, a destra.... Nelle urne de’ corridoi, no: amo l’aria libera, il raggio benefico del sole, la rugiada, le pioggie, i venti.... È così bello riposare sotto l’aperto cielo!

— Lo sai, una croce sulla nuda terra mi basta; e ogni anno, nel dì dei morti, aspetterò una corona di semprevivo, simbolo di vita immortale. Non mi rifiuterete questo dono, non è vero?