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98 | ricordi delle alpi. |
due, mia sorella ed io, taciti ci sedemmo senza profferire parola.
Si stette poco tempo così, paghi di discorrere e, volgendo lo sguardo a destra ed a manca, frugatomi quasi meccanicamente nella tasca laterale dell’abito, ne trassi fuori il portafoglio.
Allora mi rivennero le idee, sebben d'altro colore, e pagai col cuore un tributo di santa amicizia. E che mai vennemi in mente in quella dolce quiete? — Pensai a te, Enrico, a te che dividesti meco giorni sì belli, lusinghieri e soavi. Pensai a’ confidenti parlari, alle splendide e vive speranze, agli onesti proponimenti, ai moti d’un amore puro e gentile, alle fallite promesse; e mi rammentai della natìa tua Mantova, che tanto affettuosamente sospiravi. Chi me lo avrebbe detto, Enrico, che io t’avrei rammentato con tanta pietà in questa valle?
Mi diedi a sfogliare, e ne trassi una lettera listata di nero: pur troppo erano i suoi carissimi caratteri!
— Che hai? chiesemi la sorella, sei commosso e tutto rannuvolato.
— Memorie, risposi, che non possono, certo, farmi stare allegro.
— Nè si potrebbero sapere? ripigliò; se non è indiscrezione....