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dall’alto di una montagna, o sotto l’ombra di antica foresta spinse rocchio ad ammirare i dorsi dei monti sottoposti, le profonde vallate, e tese l’orecchio a raccogliere le mille svariate voci della deserta campagna, dica se una notte su’ monti non sia un poema!

Ripigliammo il cammino sulla destra del fiume, salendo e scendendo, lungo la costa franosa. Il carabiniere più vecchio, un buon uomo di Cuneo, ci narrava la trista vita menata in Calabria, quando i briganti ne popolavano i monti e le boscaglie, e faceva i confronti colle selve ed i burroni dell’Orsigna, vero asilo di pace e di quiete: dicea delle lunghe e stentate marce notturne, col sospetto sempre di sentirsi arrivare una palla senza saper da che parte, o vedersi stender morto ai piedi un compagno, nè scorgere il ladrone che l’aveva atterrato. Per lui quelle gite di servizio da Capo di Strada presso Pistoia sino alle vette dei monti dell’Orsigna erano passeggiate dilettevoli: camminava, diceva egli, in terra di cristiani.

Nel mille o poco dopo, tutta quella parte d’Appennino che forma nel fianco orientale dell’Uccelliera un profondo avvallamento, percorso dal torrente che vedevamo giù a poco tratto da noi, apparteneva col nome di Alpe Ursina, nota per saporiti pascoli e selve superbe, ai conti Guidi, potente famiglia di feudatari, la quale dominava su molte