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bonaccie, colle sue gioie tranquille, serene, nel seno della famiglia!...

«La mia generazione ha dovuto subir tutto per fare l’Italia; la nostra vita era consacrata a questa idea: si voleva vincere o morire, e ne valeva la pena, perchè un popolo schiavo non è che un vile branco d’animali. Abbiamo vinto, coll’aiuto di Dio, e malgrado tutte le nostre sciocchezze, ora l’Italia è fatta, e voi fortunati che non avete che a conservarla e farla migliore! Ora non è nei banchi dei ministeri che si farà prosperare l’Italia, ma bensì colle cure della vita privata, migliorando l’agricoltura, le industrie, le arti, il commercio, creando delle famiglie oneste, colte, operose, lavorando ciascheduno al proprio posto, pel bene di tutti. Se il dovere ci#chiama a servire pubblicamente il paese, non è lecito rifiutarsi, bisogna concorrere in tutti a sopportare certi incarichi noiosi ma indispensabili, ma bisogna giudicare queste funzioni come uh peso necessario, non come una scala dell’ambizione o dell’interesse. Questo è lo scopo che devono prefìggersi i galantuomini, che non hanno bisognò del pane del governo, e fortunati loro e la patria, se vogliono intenderla. In quanto a te, mio Sandrino, vuoi che ti dica francamente che cosa io farei, se fossi al tuo posto?... Vorrei sposare l’Annina, formare una buona famiglia, migliorare i miei campi, e servire il paese raddoppiando i prodotti del suolo. La vita sociale bene intesa, non deve contrariare gl’istinti, ma secondarli. Nella scelta dello stato non dobbiamo consultare l’ambizione, ma le nostre naturali inclinazioni, che, coltivate a dovere, daranno utili risultati. La tale condotta derivano la fortuna e la felicità. Tu che le