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dine per giungere segretamente al villaggio, e mentre i cavalli andavano al trotto, egli si era assopito e sognava le delizie del riposo e della solitudine. Tutto a un tratto si risveglia allo scoppio di alcuni mortaretti, che gli ricordarono la macchina infernale di Fieschi e le bombe d’Orsini. Allo scoppio succedette l’inno nazionale con trombe reboanti, striduli clarinetti e il solito accompagnamento di gran cassa e tamburi, e applausi iterati di popolo. Alzò le tendine, sporse la testa dallo sportello della vettura, e vide, orribile aspetto! un arco trionfale vestito di verdi fronde e sormontato da iscrizioni, fiancheggiato da immensa folla e da un codazzo di veicoli paesani, che ambivano l’onore di servirgli di scorta.

Per merito di suo fratello gli venne risparmiato il discorso del sindaco, e nella sventura questo gli parve un guadagno calcolabile. Entrando nel villaggio non riconobbe più il suo nido tranquillo; non vedeva che tappeti e bandiere. I tre colori pei quali aveva congiurato in gioventù, si era battuto coraggiosamente contro gli austriaci; quei colori tanto desiderati una volta come simbolo di libertà, erano divenuti la sua persecuzione costante, dalla quale non giungeva a liberarsi nemmeno in cima a’suoi monti. Due sogni avevano sorriso alla sua gioventù, l’amore d’una fanciulla, e la speranza della libertà della patria; il più facile era svanito, il più difficile si era mutato in realtà, a tal punto da morirne sotto il peso della dimostrazione continua.

Giunto a casa fra la polvere e il frastuono assordante degli applausi, della musica, dei mortaretti e delle campane, dovette ricevere le. autorità, i mag-