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La fanciulla divenne pallida, pallida come un pannolino lavato.

Dopo breve sosta la signora Matilde riprese ad interrogarlo:

— Volete dunque lasciarci?... e dove andate?...

— Vado a Roma con mio zio....

— Col ministro?

— Col ministro. Lo attendiamo fra pochi giorni al villaggio....

A questa nuova rivelazione lu la signora Matilde che divenne pallida.... e poi rossa come la porpora.

Succedette un lungo silenzio, durante il quale ciascheduno pensando a’ casi suoi, non aveva più nulla da dire agli altri.

Sandrino guardava 1’Annina con un lungo e languido sguardo, che pareva significare: siamo troppo infelici!... la natura ci vorrebbe uniti, la società ci divide!... Essa non potendo frenare una lagrima, cercava invano di nasconderla colla mano; soffocava un sospiro, ma il seno agitato svelava la sua ambascia. La signora Matilde era assorta nell’amara rimembranza di speranze svanite. Nella sua gioventù essa aveva amato lo zio di Sandrino, rapitogli dalle vicende del quarantotto. Dopo quell’epoca non lo aveva più riveduto. Sapendolo arruolato nell’esercito, si fece sposa al notaio del paese, che, appena divenuto padre d’Annina, la lasciò vedova. La madre perspicace aveva indovinata la reciproca simpatia dei due giovani, e n’era contenta; ma ora la vedeva troncarsi d’un tratto, rinnovandosi nella figlia la dolorosa istoria della sua gioventù: il primo amore perduto!...

Finalmente ruppe il silenzio dicendo a Sandrino: