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68 | capo secondo |
più volte qua e là pel colle disotterrati, e nella cima dentro il Castello pezzi di lapide Romane e di pietre grandi lavorate veggonsi ancora. Tra gli edifizj che occupavano il colle, non è inverisimile fossero Terme, cioè bagni publici: alcun fonticello sanissimo che ne zampilla ancora; il fiume vivo che scorre a piedi; alcuni tubi di metallo trovati già in poca distanza; l’apparenza accennata di camerette, e l’essersi letto in Giovanni Diacono dal Panvinio (v. Ant. Ver. l. 4, c. 18), che Teodorico fece Terme, e riparò in questo luogo un Acquedotto, possono fortificare tal congettura.
Ma Teatro fu ancora nella sinistra parte di questo colle, con la solita industria degli Antichi di valersi con molto risparmio di spesa del piè d’alcuna collina, collocandovi sopra la gradazione dell’uditorio. Di questo Teatro cadde una parte verso la fine del nono secolo; per la qual cosa il Re Berengario l’anno 895 rilasciò un Rescritto publicato dal Saraina, in cui si dice, ch’essendo precipitata per la gran vecchiezza una parte del mezo Circo, che soggiace al Castello, con morte di presso a 40 persone, e con ruina d’alquante case, si permette d’atterrar preventivamente e disfare quegli edifizj publici che fossero pericolanti, e con terror del popolo Veronese minacciasser ruina. Il nome di mezo Circo dato in quel tempo oscuro, indica il semicerchio de’ gradi per gli spettatori. Negli ultim’anni dell’istesso Berengario, Giovanni Vescovo di Pavia, cittadin Veronese, donò, come si può veder nell’Ughelli, all’Oratorio di S. Siro da lui quivi edificato al-