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28 capo primo

tratto dal libro primo de’ nostri Statuti. Ma non può negarsi altresì, che molto più utile al Publico non riuscisse per più ragioni l’uso d’alcun’altra città dello Stato, dove ognuno di nobil condizione, ch’è in ciò, ed è stato una volta riconosciuto per non escluso da eccezione alcuna reale o personale, può sempre intervenire nelle occasioni importanti, e dove creda poter giovare al Publico con la sua voce. Sarebbe altresì desiderabile che nel ricevere i nuovi, e si avesse sempre considerazione allo splendor del casato, e all’onestà de’ costumi, ed alla cognizione e prudenza del pretendente: perchè dalla qualità delle persone che compongono questo numero dipende la sua riputazione, e tanto più che da esso si prendono d’ordinario i Soggetti per le cariche più importanti. Quelli, che per esser di famiglie anche senza questo illustri e distinte, non si curano d’entrare in Consiglio, nè pensano il danno che con ciò malamente inferiscono alla lor patria, nè che voglia dire in molte occasioni l’esser del numero che forma il sentimento publico. Gran merito però avrà sempre chi procurerà d’eccitare al concorso i più degni; e poichè si tiene che alcuni restino assolutamente esclusi dalla legge, qual toglie ogni publico ufizio a chiunque abbia debito col Publico, converrebbe avvertire, che intenzion di quella legge si fu di togliere a debitori la facoltà di chiedere, ma non alla città stessa quella di conferire, quando creda aver bisogno di tali Soggetti, e conosca però utile il dispensare. Si potrebbe pensare ancora quanto savio sia l’instituto di Padova,