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qualche cosa di pittura, e così in Trento, dove poi fu costretto a ritirarsi. Ma finalmente passato a Padova, innamoraronsi di lui Pietro Bembo e Luigi Cornaro Senatore di grand’animo e di molto sapere, il quale non trovando chi più belli e meglio pensati disegni facesse, nè chi meglio scifrasse Vitruvio, se lo prese presso di lui, e vel tenne fin ch’ebbe vita. Per veder le antichità ch’ivi rimangono, si trasferì Falconetto a Pola. In Padova operò più che altrove. Due porte della città vi fece col ricetto per le guardie: venendo da Vicenza si vede scritto su la pilastrata interna (sinistra entrando) Io. Mar. Falconettus Veron. Architectus. D’altre sue opere, e de modelli di Palazzi e Chiese da lui fatti, e dell’aver lui insegnato a metter in opera gli stucchi, veggasi il Vasari, che dice ancora, com’ei fu uomo di gran coraggio e di genio allegro, e bel parlatore e arguto ne’ motti; e dice, com’ei fu il primo che mettesse in disegno Teatri ed Anfiteatri, e ne trovasse le piante; e come ripieno d'idee Romane desiderava occasione d’edifizj grandi, nè volentieri mettea mano a case private. È stato osservato, come alcune invenzioni e modi particolari, quali si attribuiscono a Michelangelo Bonarroti, furon prima posti in pratica dal Falconetto. L’ultima cosa ch’ei facesse (essendo morto dopo in età d’anni 76) fu la bellissima ed ornatissima loggia, come la chiama ben con ragione il Vasari, della casa Cornara in Padova, non lungi dalla Chiesa di Sant’Antonio, in fronte al cortile dove era poi per fabricarsi il palazzo. In questa fece vedere,