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130 | capo quarto |
tornò a ristabilirsi, talchè esiliata quella maniera che suol dirsi Gotica, e abbandonate le sottili c improprie colonne, e i capitelli di capriccio, e le tante punte, e foglie, e tabernacolini, e risalti, con la considerazione dell’anticaglie Romane e degli avanzi di fabriche a’ buoni tempi erette, si rimisero in uso i veri ed antichi ordini, Toscano, Dorico, Jonico, Corintio e Romano, o vogliam dir Composto. Lo studio e ’l buon senso d’ingegnosi uomini e singolari venne poi continuando per modo, che nel 1500 si vide quest’arte arrivata di nuovo alla perfezione antica. Nè la città nostra fu inferiore a nissun’altra ne’ Soggetti che in tal grado ritornarono l’Architettura, anzi di essa pure usciron quelli che a tutte queste parti del sano e del perfetto operare dieder l’esempio. Lasciando Antonio Rivio, o Riccio, che Veronese, e statuaria, et architectura clarissimus, vien detto da Matteo Colaccio ne’ suoi opuscob stampati nel 1498 in Venezia, due lumi di quest’arte nacquero qui circa la metà del decimoquinto secolo, a’ quali non molti sono che possano agguagliarsi.
Farem principio da Giovan Maria Falconetto, che applicò prima e si esercitò nella pittura, ma invaghitosi poi dell’architettura, cominciò a far osservazione sopra le antichità che qui abbiamo, e a ritrarle con somma diligenza. Portatosi dipoi a Roma, vi si trattenne dodici anni misurando e disegnando quante anticaglie vi si trovano. Tornato in patria, mcntr’era agitata dalla guerra e tenuta da Tedeschi, poco potè operare in quest’arte, e più tosto fece