nell’inventare; quinci è, che se venti colonne si veggono in edifizio de’ mezani secoli, venti, differenti forme e disegni ben sovente vi si osservano ne’ capitelli. Posto questo principio, ogni buona regola forza è che vada a terra, e a ridicole stravaganze forza è che si faccia luogo. Diede mano al corrompersi di quest’arte il corrompimento delle belle lettere, che nel basso secolo de’ Romani appunto per l’istessa ragione pur s’introdusse. Il Vasari, secondo l’universal prevenzione, disse che le cattive maniere di fabricare furon trovate da’ Goti, e che son Tedesche (P. I, pag. 26; P. II, p. 325); ma nacque tal opinione dalla superbia nostra, per cui tutto il cattivo abbiam considerato come straniero: la falsa immaginazione che tal guastamento venisse da’ barbari, i quali architettura non aveano nè buona nè cattiva, e in così fatti lavori non ponean mano, si è già sgombrata nell’Istoria (lib. II). Quivi si è mostrato parimente, come con tutta la trasformazione degli ornamenti, si ritenne però in Italia sempre il modo Romano per quanto spetta alla solidità, e alla perfetta e magnifica costruzione de’ muri: anzi nelle proporzioni totali ancora, e nel complesso degli ornati, sontuosi edifizj non mancano fatti in varj luoghi d’Italia ne’ mezani secoli che meritali lode, e ne nomina alquanti il Vasari. Così nell’ardimento e ne’ modi che aveano i Romani d’inalzar con facilità colonne e pesi sterminati, continuarono le succedute età. Sovvienmi della Chiesa detta la Rotonda fuor di Ravenna, dove la cupola, o volta che serve