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98 | capo terzo |
unicamente in un pilo di Roma, dato dall’Arringhi, dove però il Serpente è avviticchiato a un albero. Disse l’Arringhi di esso, non saper pensare che si rappresenti, e volervi Apollo a penetrarlo (Rom. subt. t. 1, p. 288). Per verità a primo aspetto si crederebbe cosa di Gentili, quasi un Genio in forma di Serpe venisse ad assaggiar le oblazioni all’ara, come descrisse Virgilio (Æn. l. 4: libavitque dapes), e si vede in una Medaglia di Nerone: ma io ho per certo rappresentarsi qui il fatto di Daniele (XIV, 26: et dedit in os draconis), quando per far morire il Serpente adorato da quei di Babilonia, gli diede in bocca certa pasta da lui composta. L’ara accesa indica il culto a quella bestia, e l’esser tenuta per Deità; in quel di Roma disse l’Arringhi, parer che l’uomo le porga cinque pani, perchè secondo il parlar del testo furon più masse. Il vedersi così di rado ne’ monumenti antichi la rappresentazione di questo fatto, nasce dall’aver gli Ebrei computato bensì Daniele tra’ Scrittori sacri, ma non tra’ Profeti, come Cassiodoro avverte nelle Divine Lezioni; e ancor più dal non aver avuto i testi Ebraici di Daniele l’istoria di questo Serpente, sopra di che veggasi S. Girolamo nella Prefazione.
Sopra questo monumento è stata posta un’altra pietra con le figure di due corpi, che hanno nimbo dietro il capo, abito monastico e libro sotto le mani. Vi fu forse posta quando nella fine del decimoquarlo secolo popolar grido nacque di conservarsi qui le reliquie di due Apostoli; non fu per altro scolpita con tale intento