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68 Dell’istoria di verona

come si può leggere in Tito Livio (lib. 38); non potea però Lepido por mano in giurisdizion non sua, e far lavorare una strada a traverso della provincia altrui1 Ma che occorre? non potea condursi ad Aquileia una strada, quando Aquileia non c’era ancora. Abbiam veduto distintamente poc’anzi, come ad Aquileia si pose mano solamente nel 573, che vuol dire sei anni dopo. Con le ragioni cospira l’autorità, poichè narra Tito Livio (l. 39: viamque ab Placentia, ec.) come Lepido una strada fece, che dal suo nome gentilizio si disse Emilia, non da Aquileia, ma da Piacenza fino a Rimini, acciocchè quivi con la Flaminia si congiungesse, che correva da Rimini a Roma2. Fonte di tanto inganno fu il leggersi presso Strabone (lib. 5) che la via di Lepido da Rimini, ove terminava la Flaminia, procedeva ad Aquileia: però il Cellario (Geogr. Ant. lib. 2, c. 9) osservando venir diversamente da Livio e da Strabone indicata, lasciò la cosa indecisa: ma è patentissimo, Piacenza doversi leggere in quel passo di Strabone, non Aquileia, e de’ scrivani, non dell’accurato Geografo esser l’errore. Dirassi di nuovo che tal emendazione non ha fondamento di manoscritti; ma tanto c’è per questa bisogno di tal sussidio, quanto nell’altra di Cremona cambiata da’ copisti di Livio in Verona, non essendo qui niente meno da se patente la veri-

  1. V. Bergier, lib. 3, c. 22, ch’è opera così lodata: il primo in materia delle Vie.
  2. Va veduto il Cellario, lib. 2, c. 9, sect. 5, § 689.