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libro secondo | 67 |
tempo non c’era ancora, onde non potea far gente in favor de’ Romani, nè computarsi per distinta città. Così Virgilio tra quelle che furon del partito d’Enea, annoverò Nomento, quale avvertì Servio (ad lib. 7: nam adhuc, civitas Nomentana non fuerat) come non era per anco in essere: ma bisogna perdonar questi anacronismi a’ Poeti, e prender da loro quel che di certo se ne ritrae. Osserviam dunque in terzo luogo, come tra le favorevoli a’ Romani non mette Silio Brescia; non Bergamo, non Milano, perchè i Galli, come abbiam veduto, furon del partito d’Annibale; ci mette bensì Cremona e Piacenza, ch’eran Colonie Romane; e mettendoci Verona e Mantova, indisputabilmente dimostra che queste non eran Galliche, ma d’altro corpo, cioè del Veneto.
Si aspetterà qui senza dubbio che passiam ora a ragionar della via Emilia, che lastricata nell’anno 567 fino in Aquileia dal console Emilio Lepido, ha creduto non che altri il Panvinio e il Sigonio ancora, e fino in Aquileia, vien dal Bergierio descritta (lib. 3, sect. 22). Di questa via non possiam rimanerci di favellare, perchè si tiene passasse per Verona, e più cose per cagion di essa si sono affermate da’ nostri Storici. Ma sia detto con tutta pace di chi a tal equivoco avesse preso affetto, via Emilia per Verona, o ad Aquileia non fu mai; il che con pochi versi farem conoscere. Provincia del console Emilio Lepido fu in quell’anno la Liguria, non la Gallia, qual toccò in sorte al pretore Marco Furio Crassipede,