in favor della legge Manilia, noi, dice, per l’innanzi potevamo con l’ autorità del nostro imperio far sicuri i Sozii tutti anche dell’estreme regioni (omnis Socios in ultimis oris, ec. ); e forse dieci volte nell’istessa Orazione così nomina i soggetti popoli. Ravvisasi tale instituto ne’ Greci Scrittori ancora, benché usati ad abusare assai spesso i termini Romani. Dice Dione (lib. 36: οὐ τὴν Συμμαχὶδα μόνον ἀλλὰ καὶ τὴν Ἰταλίαν αὐτὴν) che i corsari infestarono l’Italia stessa, non che li Collegati: così suona il vocabolo ch’egli usò per significar le Provincie. Strabone più volte per dir d’una gente, ora è sottoposta a’ Romani, così si esprime: ora sono Romani (νύν δ´ ἐισί Ῥωμαῖοι). Quinto Curzio chiamo il dominio Romano tutela, ove disse di Tiro (lib. 4): ora sotto la tutela della mansuetudine Romana riposa. Così affermò Cicerone (Off. lib. 2, c. 5) che potea nominarsi anzi protezione e difesa, che imperio. In questo modo non è da far maraviglia che i Veneti, benché di tanta forza, spontaneamente si dessero a’ Romani; anzi niuna maraviglia è da fare che con sì fatti instituti occupassero tutto il mondo i Romani, dove gli altri dominii dentro angusti termini si rimasero: perchè giovava più a’ popoli d’entrare in consorzio con una sì grande e insuperabil Republica, che di fare un piccolo e debil corpo da se. Di un tal sistema conseguenza era infallibile, e pur ancor sarebbe, il signoreggiar la terra: perchè l’utile e l’interesse furon sempre e in ogni età saranno il gran movente degli uomini; e ben si mutano le persone, ma la natura