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dell’istoria di verona |
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alle emendazioni del Sigonio e del Panvinio portarono usque ad Athesim. Ora per salvar Giustino, si vorrebbe interpretare ch’ei parlasse quivi de’ Galli in genere, e non de’ Senoni, nè di Brenno; ma non così fu inteso mai, come l’opinione per tanto tempo invalsa ben dimostra, e non così suonano le sue parole (iis autem, ec.). Fors’egli, come facilmente a’ compendiatori avviene, nel voler ridurre in poche parole il discorso del suo Autore, senso e sembianza mutar gli fece. Fors’anche Trogo in favor della sua nazione avea cercato d’amplificare le fondazion de’ Galli. Ma comunque sia, qual considerazione meritar può mai un passo di falsità sì ripieno, e nel quale contra l’autorità degli Scrittori tutti, e contra il manifesto ordine delle cose, si attribuisce a’ Galli anche la fondazione di Trento? Non si troverà che i primi Galli passati in Italia si allogassero se non nelle pianure; sì perchè cercavan terreni ricchi di grano per la lor moltitudine, e sì perchè ne’ paesi montuosi faceansi forti i popoli da loro assaliti e scacciati. Non che a Trento però, dove si convien ire per lungo tratto tra le fauci e tra le angustie de’ monti, ma nè pure a Verona anche senz’altre pruove sarebbe da credere si portassero i Galli, per esser essa alle falde de’ monti, e per aver innanzi ampio tratto di paese aspro, incolto e sassoso. Tanto adunque plausibil fu questa asserzion di Giustino (lib. 32), quanto l’altra sua, che coloro i quali perseguitavano gli Argonauti venissero a fermarsi presso Aquileia, che solamente nel sesto secolo di Roma fu