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40 | dell’istoria di verona |
dra cosa è come l’istesso appunto sia ora in questo caso avvenuto, ch’allora avvenne; cioè che tal verso per intruso e falso siasi finalmente scoperto. Strabone asserì (lib. 9) che non si ammettea quel verso da’ Critici [benchè pur anco si legga nel Poeta] per contener sentimento ripugnante alla verità, e per esser contrario ad altri luoghi d’Omero stesso: o Pisistrato o Solone se ne imputavano secondo lui; secondo Plutarco e Laerzio si attribuiva la fraude a Solone.
Altro motivo di creder Verona de’ Cenomani, fu il leggersi nelle stampe di Tito Livio (lib. 5: ubi nunc Brixia ac Verona urbes sunt) ch’essi ristettero e si allogarono ove a tempo di quell’Autore eran le città di Brescia e di Verona. Ma egli è certissimo che chiunque alle autorità sopraddotte vorrà por mente, e sopra le cose da noi finora esposte farà considerazione, vedrà più chiaro del mezzogiorno che in vece di Brixia ac Verona va letto Brixia ac Cremona. Non ci fu mai emendazion più infallibile, nè più manifesta1. Che Cremona nel tener de’ Cenomani fosse poi da’ Romani eretta, Polibio, Plinio, Livio stesso e tant’altri insegnano, ed è a tutti noto: or perchè dunque mai sarebbe stata da Livio taciuta? le avrebbe nominate tutte e tre. Ma c’insegna questo passo, come occuparono un tratto di paese, ove allora città non erano, e poi ne sorsero, non
- ↑ Liv. Epit. lib. 20: Coloniae deductae in agro de Gallis capto, Placentia et Cremona; e non avrebbe chiamati i Cenomani Galli Bresciani.