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libro settimo | 281 |
sette Governatori riparlila non si trova riscontro ne’ tempi suoi; ma 11011 è da dubitare ch’egli anche di lai novità 11011 gettasse i semi, cd al gran torto di trattar da provincia l’Italia non aprisse con le sue disposizioni la strada.
Ci ammonisce il tempo, eli cui abbiamo in questo libro trattato, d’incominciar a parlare di quanto spetta alla Cristiana religione, e ili principiar a investigare quanto intorno ad essa si può per la città nostra secondo l’ordine de’ tempi raccogliere. Con difficoltà si andò propagando 111 Italia la verità della sua predicazione, perchè come dell’Imperio, così era qui la sede e la maestà della rcligion de’ Gentili; e gl’Imperadori ed i Magistrali 11 eran fieramente nimici; il che nasceva principalmente per la somma diversità dalla rcligion di Roma e di tutti gli altri paesi: Γ istesso motivo fece chiamar da Tullio (prò Flac. c. 28 ) superstizion barbara la religione Giudaica, e credere che mollo aliena esser non dovesse la gravità del nome Romano, e gli antichi istituti, e lo splendore dell’Imperio. Vera cosa è clic pelle relazioni avute da Pilalo propose Tiberio al Senato di onorar Cristo qual Dio, come si ba da Tertulliano; c avere Adriano eretti tempj senza alcun simulacro, con animo di consecrargli a lui, scrive Lampridio; e scrive altresì clic uno volea dedicargliene Severo Alessandro. Ma 11011 per questo, raggio di grazia dee dedursi in costoro, perché voleano mandare a mazzo con le varie superstizioni la rcligion vera, e riporre il Salvator nostro tra i loro Dei. Così volea Elagabalo nel suo tempio Palati-