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256 dell’istoria di verona

secolo, generalmente parlando, non battean moneta, parendo che per l’Italia solamente si appigliasse Augusto al consiglio, cui finge Dione (lib. 52: μίτε δὲ νομίσματα, ec.) suggerito da Mecenate, che le città dell’Imperio non avesser monete proprie, ma si valessero delle Romane: era inutile in Italia il far monete in più luoghi, dove tanto immensa quantità se ne coniava in Roma: e non era ancora nelle sue città avanti il dominio Romano tanto in uso dapertutto il coniar monete, com’era in Grecia. Ma vi eran prima i casi straordinarj, imparandosi da Servio (ad. Aen. l. 7), per cagion d’esempio, che Marc’Antonio fece batter moneta in Anagni; e poi siccome moli’altri istituti cominciarono verso la fine del terzo secolo Cristiano a cambiare, così anche questo mutò, essendosi spezialmente preso a battere in Aquileia. La frequenza delle aggressioni che venivan fatte all’Italia da quella parte, rese necessario il tenervi o lo spedirvi truppe di tanto in tanto; onde si trovò opportuno di battervi moneta per maggior comodo del pagar gli eserciti. Ma siccome frontiera all’Alpi si fa anche dalla nostra parte, benchè tante non fosser le genti che prendessero allor questa via, quasi scala però, come abbiam veduto, faceano anche qui l’armate Romane non di rado, e niuna maraviglia dee però farsi, se qualche volta fu per l’istesso motivo battuta anche qui moneta. Non osta il non essersene più vedute, perchè anche di Milano niuna se ne ne vede, e pure attesta Ausonio che ricca Zecca vi era (opulensque Moneta).