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libro sesto 219

e onorifiche espressioni si aggiungono verso il padre di esso, che avea procreato e a loro e all’Imperio tal cittadino. Ecco dunque un Triestino Senatore in Roma, di molto potere in essa, e che si dice generato non solamente alla patria sua, ma all’Imperio. Ecco l’ordine con cui si continuava nelle città, ed ecco le prerogative del Decurionato, e l’acquistarsi la cittadinanza Romana con sostener le cariche municipali, il che là conoscere, come la Colonia di Trieste maggior gius non godea, che il Latino. De’ Catali accompagnati nell’iscrizione co’ Carni Alpini riscontro non si trova nella Geografia; ma può credersi quel popolo di poco nome della Pannonia superiore, che si legge per Catari in Plinio (lib. 3, c. 25). Come durasse ancora in questi tempi perfettamente l’idea Romana, può arguirsi in oltre da quella Orazion d’Aristide, fiorito sotto Marc’Aurelio, nella quale esalta i Romani, perchè avea reso il Mondo comune e viaggiabile a tutti; e perchè ad ognuno, purchè di provincia Romana fosse, era lecito venire a Roma, come in patria di tutti; e perchè essendo forza di arrolare in ogni parte dell’Imperio soldati, non credeano di potersene valere con sicurezza, se nell’arrolargli non davan loro la cittadinanza. In questo modo, dice l’Oratore a’ Romani (Or. ad Roman.), voi non private e non esaurite Roma de’ suoi cittadini, e suoi cittadini non per tanto sono i militanti: in questo modo interessati i soldati nella vostra grandezza e nella vostra gloria, rinegan tosto l’antica patria, e quasi se ne vergognano, e si fanno propugnatori acerrimi