202 |
dell’istoria di verona |
|
città facea che di rado si trasferissero questi alla gran radunanza del popolo, così riusciva loro quasi inutile in questa parte la cittadinanza. Che fece però Augusto? pensò un modo, col quale dovendosi creare i supremi Magistrati Romani, che in quel tempo era l’impiego più importante de’ Comizj; i Decurioni raccogliessero nel pien congresso delle lor città i voti, e questi mandassero sigillati a Roma pel giorno destinato. In questa maniera Veronesi, a cagion d’esempio, senza partire dalle lor case concorrevano niente men de’ Romani alla elezion de’ Consoli, e degli altri gradi sommi. Questo bel luogo di Svetonio fu inteso da uomini grandi tutto a rovescio (v. Cen. Pis. D. 1, c. 3: jurisdictionem decurtavit); ma l’umana condizione fa che non ci sia Omero alcuno sottoposto a sonnacchiar qualche volta: non iscusi gli altrui sbagli chi si credo esente dal poterne prendere. Altri ha fatto gran caso del leggersi in Dione (lib. 4})) ed in Tacito (Ann. lib. 6) che Augusto per più anni a Roma e all’Italia prepose Mecenate: ma fu ciò in tempo delle guerre civili, e s’intende ch’ei lo fece Prefetto di Roma; principale ufizio del quale essendo il giudicar definitivamente, sovrastava tal dignità anche all’Italia, in quanto che l’ultimo appellazioni di certe cause ricadevano a lui, come vedremo altrove. Avvertimmo già in certa operetta, come la Latina version di Dione può far sospettare che Proconsoli e Propretori destinasse Augusto in Italia, quando il testo Greco all’incontro fa intendere che furono questi nomi e insieme questi ufizj dall Italia sbanditi, e in