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libro sesto 201

facesse in ogni parte perquisizione. Che in simili occorrenze si mandassero spesso Questori, lo mostrano alcuni Atti di Martiri; e che con tal nome fosser chiamati spezialmente gl’inquisitori dei delitti, Festo e Varrone insegnano: però Manilio e Prudenzio gli dissero Quaesitores (Quaesitor scelerum).

Nel ragionamento di Mecenate ad Augusto presso Dione (lib. 52) sembra lo consigliasse a governar l’Italia in modo, che sarebbe stato un metterla in servitù; ma nè questo nè più altri de’ suggerimenti, in quella parlata da Dione esposti, furon per Augusto messi in opera, anzi alcuni non ebbero effetto mai. Che non fosse da lui trattata, nè considerata come provincia l’Italia, ben si riconosce, dove l’amministrazione delle provincie tutte ei divise, parte per se ritenendo, e parte lasciandole al popolo ed al Senato, perchè i Presidi a queste dal popolo, ed a quelle da lui si mandassero; posciachè non toccò l’Italia, o veruna parte di essa, nè all’un nè all’altro, nè se ne fece tra le provincie menzione alcuna. Ma tanto è lontano che riducesse Augusto in condizion di provincia l’Italia, quanto che all’incontro ei l’inalzò,fino a uguagliarla in certo modo a Roma e nell’onore e nell’autorità; così per l’appunto parla Svetonio (Aug. c. 46: Italiam... etiam jure ac dignatione Urbi quodammodo adaequavit). Il modo fu questo. Un de’ primi frutti della participazione della Republica conceduta alle città Italiane, era il potere i cittadini di queste intervenir ne’ Comizj, e dar voto non meno de’ nati a Roma. Ma siccome la lontananza delle