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di scip. maffei xvii

stese il Femia (anagramma di Mafei) in verso sciolto, forse per mostrare che se nelle tragedie sue avea usata altra maniera di verso, non l’area punto fatto per mancanza d’abilità. Codesto dramma è scritto con bella ed aggiustata dettatura, e con certo stile lavorato ed evidente, sì, che il Parini confessava di non aver preso qualche norma del verseggiare da lui usato negli immortali suoi poemetti da nissun altro autore, fuor che dal Martello nel Femia. La stampa di questo componimento punse assaissimo il Maffei, il quale avendo fatto praticare alcuni uffici presso il Martello, questi, buono com’era di cuore, ritirò quante copie potè del Femia, dal che è venuta la somma sua rarità.

Lo studio dell’erudizione che era sempre vivo nel Maffei, e che faceagli trascorrere i campi non solo dell’antica storia, ma ancora quelli del medio evo, che allora incominciavano appunto a coltivarsi con profitto, gli suggerì l’idea della Storia diplomatica, da lui fatta di pubblica ragione nell’anno 1727. In essa s’accinse a tessere la storia degli antichi diplomi, e pose sott’occhio dei leggitori una serie di tali monumenti debitamente illustrati, da cui, più che dai nudi precetti, si può imparare quali siano i caratteri dell’autenticità o della falsità di quelle vecchie scritture. Dopo aver parlato delle materie di cui si fecero diplomi, non che di quant’altro al soggetto medesimo appartiene, il Maffei diede notizia delle principali raccolte d’atti antichi che a’ suoi dì si conosceano. Frutto dello stesso amore delle