Pagina:Maffei - Verona illustrata I-II, 1825.djvu/225


libro sesto 195

ei mette quivi innanzi, non per popoli o genti, ma in undici regioni; taunto più autorevole ed apprezzabile, quanto che venne in gran parte da Augusto stesso, così cominciando Plinio (l. 3, c. 5: descriptionemque ab eo factum, ec.) è necessario premettere che noi seguiteremo per autore Augusto Divo, e la descrizione da lui fatta dell’Italia tutta in regioni undici. Confini dell’Italia furono allora nella maggior lunghezza Reggio ed Aosta; nella maggior larghezza il Varo e l’Arsa. Anche Tolomeo chiamò termine dell’Italia la città di Nesazio alle foci dell’Arsa. Bella lapida si conserva tuttora in Boarno nell’alto delle montagne Bresciane, in cui si accenna, come quivi fosse allora da quella parte il confin d’Italia (v. Ins. XXXIII). Secondo questa divisione Verona restava nella region decima, che avrebbe compreso non solamente la Venezia tutta (Plin. lib. 2, c. 72), ma alcune grand’appendici di parte e d’altra. Nomina Plinio in questa regione, prima secondo la situazione i luoghi maritimi, o adiacenti al mare, Altino, Concordia, Aquileia e Trieste: d’Aquileia nota ch’era a dodici miglia dal mare, e ch’era nei Carni: nomina ancora, in grazia del suo vino, Pucino castello de’ Japidi prossimi ai Carni e al Timavo. Segue descrivendo l’Istria; indi facendosi dal capo di qua e dai luoghi mediterranei, nomina Cremona, e Brescia nel distretto de’ Cenomani; nel tener de’ Veneti Este, Asolo, Padova, Oderzo, Belluno, Vicenza e Mantova: par credibile che dal testo di Plinio sia qui sfuggita Adria; forse era in vece della voce