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186 dell’istoria di verona

tera cittadinanza, che vuol dire con l’adito alle dignità, conseguito si fosse (solidum civitatis Romanae beneficium). Ma ciò che più fa al proposito nostro, ricorda Claudio che Tiberio avea già introdotto in Senato tutto il fiore delle Colonie e de’ Municipj, cioè degli uomini buoni e ricchi (omnem florem Coloniarum ac Municipiorim, bonorum scilicet virorum et locupletum): donde parrebbe essersi in tempo suo esteso il gius degli onori alle città di tal condizione, e per conseguenza a Verona.

Quel metallo che ci ha per rara sorte conservala l’orazion di Claudio in Senato, begl’insegnamenti ha reso perenni della prudenza politica dei Romani. Ne’ tempi della Republica con chiamare a Roma i migliori delle prossime città, un mirabile aggregato composero di virtù e di prudenza. Senza questa massima non potrebbe tra gli altri vantar Roma il gran Cicerone, che basta da se a illustrar l’antichità tutta, e che fu il più appassionato per la libertà, e salvò la Republica dall’eccidio nella congiura di Catilina. Com’egli era nativo del municipio Arpino, così erano d’altri luoghi la maggior parte di coloro che amministravano i Magistrati; la qual cosa disse egli stesso a’ Giudici nella terza Filippica. Non credeano ancora i Romani, fuor delle massime generali, dover nell’ordine del governo servar regole inalterabili e fisse; onde non ricusarono di far qualche mutazione di tempo in tempo, adattandosi alle emergenze, perchè variando le circostanze, stimaron necessario variar condotta. Ne’ secoli