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di scip. maffei xv

tenne il fine a cui mirava, alloraquando compose la Merope, di cui tolse a soggetto l’estratto che Igino ci lasciò d’una delle più belle tragedie d’Euripide ora fatalmente smarrita. A scriverla fu spinto ancora dalla conversazione d’un’abile e famosa attrice, Elena Riccoboni, dotta non solo nell’arte sua, ma ancora nell’italiana poesia. Fu perciò data accusa al N. A. che per cagione di lei avesse scelto a protagonista della sua tragedia un personaggio femminile. La Merope è una delle più celebri e lodate fatiche del Maffei, ed è la prima tragedia italiana in cui si abbia un intreccio regolare, schivata la troppo servile imitazione dei Greci. Quantunque il poeta siasi astenuto in essa dall’amore e dalla galanteria, non di manco quella tragedia riuscì tenera ed appassionata per esservi dipinto e posto in azione con somma maestria il più vivo affetto materno. Lindo, corretto, con proprietà di dire ed armonica facilità di verso è lo stile della Merope. Comparve essa alla luce nel 1714, e tosto venne accolta con sommo favore sì in Italia che fuori: fu quindi rappresentata moltissime volte di seguito in diversi luoghi, e se ne fecero parecchie edizioni e traduzioni nelle lingue straniere. Non v’ha però opera, per quanto merito abbia, che possa sfuggire alla critica: di fatto molti Italiani la censurarono aspramente, come il Lazzarini ed il Valaresso. Il Voltaire avea pensato di volgere in francese la Merope del Maffei: ma poi cangiato consiglio, amò meglio di trattare egli stesso il soggetto medesimo. Nell’atto d’indirizzare con