une come dell’altra. Nel 1710 mandò alle stampe il libro della Scienza Cavalleresca, in cui, coll’aiuto dell’erudizione e del dritto ragionare, dimostrò in elegante stile la barbara origine del duello, l’ingiustizia sua, le perniciose conseguenze che ne derivano, non che la vanità di quelle regole e di que’ precetti che si erano da alcuni oscuri scrittori voluti nobilitare col fastoso nome di scienza. Nell’anno 1712 diede fuori in Parigi, colla data di Zurigo, il libretto scritto in idioma latino, risguardante l’Ordine Costantiniano. Lavorava egli intanto pel Giornale dei Letterati, di cui fu uno de’ principali promotori insieme collo Zeno e col Vallisnieri. In esso ebbe più volle a rispondere ai Gesuiti autori del Giornale di Trevoux, i quali godevano in ogni incontro di malmenare l’italiana letteratura. Vedendo poi il Maffei siccome si fosse grandemente propagato fra di noi il gusto del teatro francese, onde richiamare gli Italiani all’amore delle cose proprie, indusse i comici a rappresentare alcune delle più celebrate tragedie del Cinquecento. Di esse anzi compilò una raccolta, la quale, coll’aggiunta di altre d’autori più recenti, venne poscia data fuori da lui nell’anno 1723, col titolo di Teatro italiano. Vi premise una dissertazione, in cui dopo aver tessuta una breve istoria del nostro teatro dà bonissimi avvertimenti per chi voglia comporre tragedie, e si fa a notare i difetti delle tragedie francesi, le quali, per vero dire, sovrastavano di lunga mano a quanto erasi presso di noi scritto fin allora in quel genere. Ma più veramente ot-