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158 | dell’istoria di verona |
nio c’è rimaso il nome in fronte a grand’arca di pietra (v. Ins. XIII), il quale non solamente di quella dignità si fregia, ma d’altra ancora ne’ marmi municipali assai più rara, cioè di Questor dell’Erario. Le città possedeano fondi e capitali, e riscoteano imposte e gabelle; avean però cassa publica, quale anche in più lapide d’altre città si trova nominata Erario. Leggi si han ne’ Digesti (lib. 50, tit. I), nelle quali tra gli ufizj di chi reggea le città, si annovera la cura del denaro publico, l’impor gravezze, l’affittar le rendite, l’assistere a’ publici lavori, e l’assegnar tutori a’ pupilli.
Celebre sopra tutte è stata resa la memoria di Quinto Minicio Macro, Veronese, come la tribù Pobilia dimostra, il quale fu Quartumviro di Verona (v. Ins. XIV); e perchè sarà forse stato dell’una e dell’altra cittadino, fu Questore in Verona ed in Brescia. Mirabil travedimento fece già da gran tempo divulgar cotesta lapida con due tribù, quasi costui nell' istesso tempo e a quella di Verona e a quella di Brescia ascritto fosse: quinci stabilir canone falsissimo che ciò avvenisse nelle adozioni, quasi potessero gli adottati dar volo e nella nativa e nell’acquistata: in oltre immaginarsi poi gratuitamente che Macro Bresciano fosse piuttosto, che Veronese; e per compimento di maraviglia arguirne che Brescia, come capitale dei Cenomani, avesse preminenza sopra le circonvicine città, e mandasse loro i Magistrati. Ma la pietra, che tuttora nella piazza di Brescia perfettamente si conserva, altra tribù noti ha che la Pobilia de’ Veronesi; nè con due