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libro quarto 141

nissun fondamento; sua fu bensì quella penisola del nostro lago, e in essa deliziosa villa ebbe di cui si stimano avanzi le reliquie di Romano edilizio che quivi ancor si veggono. Facoltoso e di molto onesta condizione convien dir fosse il padre suo, poichè tra esso e Cesare consuetudine correa d’ospitalità (Svet. Caes. 73: hospitioque patris sui sicut consueverat, ec. ). Il Poeta veniva ammesso in Roma alla tavola dell’istesso Cesare, come s’impara, ove dice Svetonio, che avendolo aspramente offeso con satirici versi, dopo averne questi ricevuta soddisfazione, lo invitò a cena l’istessa sera (satisfacientem eadem die adhibuit caenae). Andò Catullo con ufizio nella comitiva del Pretore in Bitinia. In Roma ebbe amicizia e pratica con illustri personaggi, e tra gli altri con Cicerone.

Ma, poichè questi è il primo Veronese di cui favellar si possa, ed è il più antico di cui memoria ci sia rimasa, non potrà da gran maraviglia non esser preso chi si farà a considerare quanto all’oscuro ci ritroviam dell’antichità rimota; mentre nè pur barlume e forse nè pure un nome ci rimane di tutti quegl’infiniti uomini che la città nostra abitarono avanti i Romani. I nomi nelle lingue antiche erano significativi, e però ci darebbero qualche traccia della lingua che qui si parlava, e questa dell’origine. Ma ecco che il primo Veronese di cui certa notizia si abbia, ci viene innanzi non solamente con prenome e nome gentilizio, ma ancora con cognome Romano; e non sol questi, ma quel Celio e quel Quinzio ch’ei chiamò