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dell’istoria di verona |
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dusse, e non accelerar quella corruzione per cui degenerò in Principato. Però Cesare, che dai replicati esempi di questo errore n’avea imparato gli effetti, con la mente a’ suoi fini si adoprò fin da principio per l’aggregazione, de’ Traspadani. Non fu veduto in que’ tempi come si potesse senza minima alterazion del sistema far godere a tutti una sufficiente parte dell’onore e del grado. Non fu considerato, che ammettendo ne’ Comizj, a proporzione della grandezza e del merito d’ogni città o regione ascritta, solamente uno o due e non più di quattro soggetti, da quelle stesse città o regioni solennemente eletti, non potea da una parte generar novità alcuna il piccol numero, perchè paragonato a quel de’ Romani non si rendea sensibile; e dall’altra il general concorso delle città e de’ paesi nella creazion di coloro che dovessero goder tanta dignità, e rappresentare in Roma le lor veci, bastava per tener paghi i popoli, e perchè si credesser tenuti a dar volontieri quando occorresse le sostanze tutte ed il sangue per conservar la patria comune e la comune Republica. Non pensarono i Romani ancora gli altri benefizj che conseguiti ne sarebbero; d’avere in Roma il fior degli uomini saggi dell’Italia tutta; d’averci stabilmente tante onorate famiglie di più, e d’eccitar le città in tal modo a gareggiar tra loro nelle più ardue occasioni. Che avrebber eglin detto que’ famosi saggi del mondo civile, se avessero veduto l’ordine di comporre una Republica generale, tenuto a moderni tempi da’ Sguizzeri e dagli Olandesi? e se n’avesser veduto gli effetti,