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libro quarto 119

della Romilia, Vicenza della Menenia, Trento della Papiria, Mantova della Sabatina, e Verona della Pobilia, o Popilia, o Publilia, o Publicia, o Poblicia, dalla famosa gente, che in tutti questi modi si trova scritto. Osservando noi che d’ordinario alle città d’ogni regione tribù diverse assegnaronsi, incliniamo a crederlo politico artifizio, affinchè non potessero mai unendosi prevalere e formare il voto d’una tribù. Molte ricerche potrebbero qui intraprendersi: per qual ragione veggasi nelle lapide altri dell’istessa condizione professar la tribù, ed altri no: fino a che tempo il nome e l’uso delle tribù sussistesse: se il gius d’intervenir ne’ Comizj fosse di tutti gli uomini, o d’un per casa solamente: se si accomunasse anche alle terre e villaggi, participandone i territoriali delle città: se potessero le città aggregate conferire la loro cittadinanza, poichè con ciò venivano a conferire anche la Romana: ma queste e più altre investigazioni, che non caddero ancora nell’animo a’ dotti, troppo dall’Istoria nostra ci devierebbero.

Nell’uso continuato di ammettere alla Republica spicca la differenza dell’instituto Romano dal Greco; imperocchè gli Ateniesi ancora ammisero da principio in comunanza coloro che nell’Attica ripararono da varie parti, talchè per la gran moltitudine fu lor forza di mandar nell’Ionia Colonie, come si ha da Tucidide: ma avverte lo Scoliaste in quell’Istorico, che così non fecero poi più in avvenire. Però Dionigi Alicarnasseo lodò in questo assai più la liberalità de’ Romani, che la parsimonia de’ Greci.