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libro quarto 115

ancora il suo Proconsolato, ne risulta che tal grado si conseguisse da noi nel fin della guerra Soziale. Asconio Pediano, cui siam debitori di questa bella notizia, insegna, come Pompeo eresse le città traspadane in Colonie, non col mandarvi abitanti nuovi, ma rimanendo i vecchi, col dar loro il gius del Lazio (in Pisonian. sed veteribus incolis manentibus, jus dedit Latii). Questo è ciò che a proposito d’alcuni popoli di Spagna chiama Dione (lib. 43: ἀποίκοις τῶν Ῥωμαίων νομίζεσθαι) esser considerati o qualificati Coloni Romani. Non si fece adunque come anticamente ne’ paesi conquistati era in uso, ma in modo che senza dimezzare i suoi terreni a veruno, queste città n’ebbero l’onore e l’utile, ma non l’aggravio o ’l danno; venendo solamente, come in proposito delle Colonie disse Patercolo, amplificato il nome Romano con la comunicazione del gius (lib. I: auctum Romanorum nomen communione juris). Spiega l’istesso Asconio in che principalmente consistesse la condizion Latina delle città, dicendo che chiunque in quelle sostenuti avesse i primi ufizj, conseguiva la cittadinanza Romana: ufizj in genere dice Appiano ancora (Civ. lib. I); Strabone (lib. 4) specifica Edilità e Questura. Or quali fossero precisamente le città che diventarono allora Colonie Latine, nè Autore, nè monumento abbiamo, da cui ricavar si possa: ma che una di esse fosse Verona, si ha per buona sorte dall’autor del Panegirico a Costantino (cap. 8: ut quam coloniam Gn. Pompejus aliquando deduxerat, ec.); il quale parlando dell’assedio sostenuto da’ Veronesi,