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libro terzo 81

genti. Mandavano a quelle il Pretore, che le reggesse; ma l’Italia lasciavan libera, e niun Magistrato ordinario in essa spedivano, nè alle sue città e regioni subordinazione imponeano, se non a Roma. Parrebbe che avessero appreso dal documento lasciato da Platone (Rep. 5) agli Ateniesi, di non voler mai porre in servitù nissun Greco. Per verità e la prossimità al centro, e la conformità del clima, e la svegliatezza della mente esigean privilegio per natura. Fuor d’Italia ancora diversamente trattarono i Barbari e i Greci; perchè governavan quelli conforme all’indole si conveniva, togliendo loro per lor bene il poter far male, e lasciavan questi all’arbitrio del proprio governo, poco altro esigendone, che aiuti e consiglio. Anzi gratissimo era a’ Romani di udir sentimenti generosi, e di vedere i popoli amanti di libertà, come appare tra l’altre occasioni presso Livio (lib. 37) dal gradimento con che udirono il parlar franco de’ Legati di Rodi in Senato. Intendean eglino, come dagli uomini adulatori e vili, e pronti alla servitù, nè si può aspettar valore, nè fede, se non forse fino al punto del maggior uopo. Quinci è, che stimarono di loro interesse il lasciar libere più città in Grecia, e in Italia tutte; molto maggiori e più pronti e più vivi soccorsi traendone in questo modo ad ogni occasione.

Più difficoltà potrebbero svegliarsi contra quanto abbiam qui asserito in coloro che negli studiatissimi volumi de’ moderni dotti fosser versati; essendo che, s’è lecito il dirlo, il privilegio di libertà non è ancora stato ben com—