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un simil caso fosse avvenuto qualch’età prima, chi dubita, che i Cittadini, entrata dentro una Truppa di Romani loro confratelli, e concittadini, non avessero prese l’armi in sussidio loro, e non avessero almeno serrata la porta dietro a’ Goti usciti, ed apertane un’altra al resto dell’esercito, che giunse fra poco alle mura? Ma poichè non si trattava più della libertà, ma d’esser Sudditi o ai Goti, o ai Greci, non ci fu nella Città, chi nè per l’uno nè per l’altro movesse un passo.

Allora dunque fu, che si travolsero in Italia e le opinioni, e i costumi: Allora cominciarono quei sentimenti, che pur durano tuttavia: il Mestier dell’Armi non essere da eleggersi se non per povertà e per bisogno, ed esser pazzia il farsi ammazzare per altri. Dicevano i Goti in Cassiodoro, che i Romani (intendendo degl’Italiani) dovevano molto ringraziarli, poichè essi soli travagliavano nell’Armi, e nelle Guerre: il che ben inteso era un amaro dilegio; ma la viltà, e la stolidezza, quali nell’animo introdur suole la servitù, cominciavano già a far parer dolce tutto ciò, che ad ozio conduce, ed a poltroneria. Succeduti poi i Longobardi, secondo il Governo de’ quali restavano gl’Italiani esclusi dai Ducati, cioè dagli ereditarj Governi, ch’erano le