Pagina:Maffei, Scipione – Opere drammatiche e poesie varie, 1928 – BEIC 1866557.djvu/393


canto quarto 387


visiti Menelao de’ greci duce,
cui de’ troiani o de’ lici perito
saettator feri, gloria per lui,
per noi dolor. — Cosí disse e nel petto
245il cor gli mosse. A le falangi achive
ratti n’andaro fra le turbe, e quando
giunsero dove il biondo Menelao
vider ferito, facendogli intorno
i piú prodi corona ed ei fra loro
250con eroico si stava e franco volto,
da l’adattato cinto la saetta
tosto trasse e nel trarla le sue punte
ruppersi. Il cinto ricamato sciolse
e levò la lorica e la di rame
255lamina fabbrefatta. Poiché vide
la piaga e il sito ove l’amaro strale
colse, il sangue succhiò; lenienti succhi
poi vi spruzzò, quai per affetto avea
giá tempo al genitor dati Chirone.
     260Mentre al buon Menelao questi d’intorno
si stanno, sopravenner de’ scutati
troiani torme che vestiron l’armi
ed a pugnar s’accinsero. Agamennone
veduto avresti allora non per certo
265dormire o costernarsi o ricusare
il combatter, ma accingersi ben pronto.
Poiché i cavalli abbandonò e gli ornati
di bronzo cocchi — teneagli fra tanto
in disparte anelanti Eurimedonte
270del Piraide figlio Tolomeo,
cui di seguirlo ingiunse, se stanchezza
prendessel mai tante ordinando torme —
ma egli a piedi trascorse a le file,
e quai greci vedea co’ destrier pronti
275affaccendarsi, con alteri detti
gli animava ancor piú: — Non obliate