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canto quarto 385


e a’ destrieri decoro e a chi li regge,
170cosi a te fianchi e cosce e gambe e l’una
parte del pie sangue macchiò scorrendo,
o Menelao. Inorridi veggendo
Agamennone re da la ferita
spiccare il sangue e inorridi lo stesso
175Menelao bellicoso; ma osservando
come non penetrar dentro le punte,
né il nervo, gli tornò nel petto il cuore.
E Agamennone, preso il fratei per mano,
con sospir grave favellò, gemendo
180gli altri intanto: — Da ver, fratello amato,
io feci per tua morte accordi, allora
che pe’ greci a pugnar te solo esposi.
T’han ferito i troiani e i sacri patti
violar, ma non fia che il giuramento
185e d’agni il sangue e ’l vino sparso e date
le destre in fede sien per nulla. Giove,
benché si tosto oprar non gli sia in grado,
pur un giorno oprerá. Con le lor teste,
con le mogli, co’ figli orribil pena
190pagheran certo; entro mia mente il veggio,
verrá quel di che il sacro Ilio e con Priamo
il guerrier popol suo perir vedrassi,
e che il Saturnio altisedente Giove
per tal fraude sdegnato, ei stesso in loro
95 l’egide vibrerá: tutto adempirsi
vedremo. Ma troppo grave, o Menelao,
fòra il mio duol, se di tua vita il fato
termine avesse e ad Argo desiata
con taccia uni versai tornar dovessi:
200poiché tosto gli achei del patrio suolo
sovverriansi, e a’ troiani Elena argiva
e a Priamo il vanto rimarrebbe, in questa
Possa tue infracidando estrania terra,
altro malor d’ineseguita impresa.
S. Mai-tei, Opcrr. 25