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canto terzo 373


I veloci destrieri per le Scee
spinsero al campo. Giunti ove i troiani
315erano e’ greci, sceser tosto a terra
e se n’andaro agli uni e agli altri in mezzo.
Agamennone re levossi tosto
e così l’assennato Ulisse. Araldi
splendenti ragunar quanto fa d’uopo
320a’ giuramenti; dal bel vaso vino
mesceano e a’ regi acqua a le mani diero.
Atride trasse il suo coltello fuori,
qual de la spada presso a la vagina
pendeva sempre, e degli agnei dal capo
325peli tagliò, quali ai maggior dei greci
e de’ troiani araldi compartirò.
Levando al ciel le mani, in alta voce
Atride a lor tal fece udir preghiera:
— Giove padre che in noi da l’Ida imperi,
330glorioso, oltragrande, e tu che tutto
vedi et odi, almo sole e terra e fiumi,
e voi che tutti colá giú sotterra
quei che spergiuri furono, punite,
siatemi testimoni e i sacri giuri
335custodite: se dar morte Alessandro
a Menelao vedrassi, abbia egli Elena
con sue ricchezze; ne le marpassanti
navi noi ce n’andrem. Se ad Alessandro
torrá la vita il biondo Menelao,
340renderanno i troiani Elena e tutti
gli averi suoi; anzi decente ancora
a’ greci e tale pagheranno ammenda
che ne resti memoria ai di futuri.
Che se, ucciso Alessandro, negheranno
345Priamo e i suoi figli di pagar tal pena,
io di pugnar non resterò per essa,
finché si vegga de la guerra il fine. — •
Disse e tagliò degli agnelli le gole