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canto terzo 371


     Antenore il prudente allor riprese:
— Dicesti il vero, o donna, poiché venne
una volta qua ancora il divo Ulisse
col guerrier Menelao, per tua cagione
245mandato ambasciator. Io gli alloggiai
ed in mia casa, amicamente usando,
l’indole d’ambi ed i pensier conobbi.
Quando ne radunanze de’ troiani
stavano ritti, con le larghe spalle
250sopravanzar vedeasi Menelao;
ma, sedendo amendue, piú venerando
apparia Ulisse. Allor che discorsi
o parer proponevano a la turba,
concionar Menelao solea succinto;
255era breve, ma acuto, né punto era
loquace, né parlando errava, d’anni
benché fosse minore. Ma se il prudente
a dir sorgeva Ulisse, stava ritto
e fissi gli occhi al suol guardava basso,
260il baston non spingeva innanzi o indietro,
ma immobile il tenea, quasi inesperto:
detto l’avresti astratto e fuor di senno.
Ma quando poi voce maggior dal petto
uscir faceva e detti molti, a guisa
265di folta neve che d’inverno fiocca,
allor nessun contra di lui mortale
star a fronte potea; così d’Ulisse
non l’apparenza fu che si ammirasse. —
     Per terzo poi vedendo il vecchio Aiace,
270interrogò: — Chi è quell’altro grande
che col capo e con gli ampi omeri a tutti
sovrasta i greci? — Ripigliò la diva
fra le donne, di lunga adorna veste
Elena: — È quegli Aiace, alto de’ greci
275riparo; a l’altra parte Idomeneo
si sta qual dio fra’eretici, d’intorno