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366 dell’iliade di omero


gioia a’ minici e somma a te vergogna.
Il marzial Menelao che non attendi?
T’accorgeresti di qual uom leggiadra
tu ti trattenga la consorte. Nulla
65ti varrebbe la cetra e nulla i doni
di Venere e la chioma e il bel sembiante,
se con lui su la polve ti mischiassi.
Ben rispettosi in ver sono i troiani;
senza questo t’avrian co’ sassi intorno
70fatta una veste, tanti mali oprasti. —
     Il deiforme Alessandro allor rispose:
— A ragione e per certo non a torto,
Ettore, tu mi sgridi. È il tuo cor sempre
come scure che, in man di chi con arte
75fende travi per nave, entra nel legno
insuperata e forza al fabro accresce:
indomabil cosí nel petto hai l’alma.
Da la bella Ciprigna i cari doni
non rinfacciar, ché i doni aurei de’ numi,
80qual siasi ch’essi dar vogliano, e scerre
non c’è chi possa a suo talento, al certo
rigettar non si denno. Ma se adesso
vuoi ch’io guerreggi e pugni, fa che i greci
tutti e i troian posino e nel mezzo
85Menelao caro a Marte ed io siam posti
per Elena a combattere e per tutte
le sue ricchezze. Qual di noi, la palma
riportando, miglior si mostri, il tutto
abbiasi e donna e averi a casa porti;
90talché questi, amistá sacra giurando,
restino nell’opima Troia e quelli
in Argo cavallifera e in Acaia
donnibella spedito abbian ritorno. —
     Si disse, ed oltremodo rallegrossi
95ciò udendo Ettore e, in mezzo andando, i suoi
trattenne, presa l’asta a mezzo. Allora