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canto secondo 349


i due Aiaci e di Tideo il figlio; sesto
Ulisse fu, pari in consiglio a Giove;
495spontaneo venne Menelao sonoro,
che ben sapea quanti nel petto affanni
il fratei suo chiudesse. Il bue attorniaro,
presero il farro e ’l sale e insiem con essi
cosi pregò Agamennone: — Superno
500Giove, in cielo abitante, nubipadre,
non cada prima il sol, né tenebrosa
venga diman la notte ch’io l’altera
di Priamo reggia non abbatta e foco
a le porte non vibri e con la spada
505l’ettorea alta lorica non infranga
e intorno a lui gli amici suoi distesi
ne la polve non mordano la terra. —
Cosí parlava dal saturnio Giove
inesaudito, che accettò l’offerte
510ma gran disastro accrebbe. Or giunte a fine
le preci e sparso il farro e ’l sai, di nuovo
trasser la bestia addietro e ancisa e de la
pelle spogliata ne tagliar le cosce
e di grasso a due suoli la coprirò
515e sopraposer le carni, abbronzando
con recisi e sfrondati legni. Sopra il
fuoco tenean le viscere infilzate.
Ma abbronzate le cosce ed assaggiate
le viscere, a minuto l’altre parti
520tagliando, le infilzaro dentro a’ spiedi
e le arrostir peritamente; poscia
le trasser fuori, ma poiché ebbe fine
la fatica e apprestato fu il convito,
cibarsi, né ci fu che bramar. Reso
525di mangiar e di ber pago il talento,
Nestore il vecchio cavalier dicea:
     — Re famoso Agamennone, parole
non facciam piú, né ritardiam di nuovo