Pagina:Maffei, Scipione – Opere drammatiche e poesie varie, 1928 – BEIC 1866557.djvu/348

342 dell’iliade di omero


— Miser, t’accheta e siedi e gli altri ascolta
molto di te migliori; imbelle e fiacco
tu se’, né in guerra buon, né per consiglio.
Non regnerem giá qui noi greci tutti,
245buona non è la signoria di molti;
signor sia un solo, un solo re cui abbia
scettro e lume del giusto, accioché regni,
del sagace Saturno il figlio dato. —
     Così l’armata egl’instruiva, ed essi
250da le navi di nuovo e da le tende
gian con fracasso al parlamento, come
alloraché gli strepitanti flutti
battono il vasto lido e ’l mar risuona.
Tutti gli altri sedean cheti a’ lor luoghi,
255solo Tersite cianciatore immenso
gracchiava ancora, il quale entro sua mente
cose molte e confuse in van tenea.
E co’ capi da stolto imprendea lite,
tutto dicendo ciò che destar riso
200credea potesse a’ greci. Uom piú deforme
non venne a Troia mai; losco era e zoppo,
gli omeri curvi e sopra il petto stretti,
il capo in alto aguzzo e capei rari.
Sopra tutto d’Achille era nimico
205e d’Ulisse, sgridandogli, ed allora
con acuti clamor nuovi improperi
verso il divo Agamennone dicea.
Contra costui fiero nodrian nel core
sdegno gli achei, ma egli, alto gridando,
270Agamennon con questi detti offese:
— Perché ancor ti quereli? E che ti manca,
Atride? Di metallo hai giá ripiene
tue tende e molte dentro elette donne
tieni che a te noi tosto diam, se alcuna
275cittá si prende. Oro vuoi forse ancóra,
che a te per prezzo del riscatto pòrti