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340 dell’iliade di omero


case aspettando stanno e quell’impresa,
170per cui venimmo, ineseguita resta.
Su dunque adempia ognun quant’io propongo:
al patrio amato suol fuggiam co’ legni,
ché l’alto Ilio espugnar piú non si spera.
     Così parlava e fu di quei commosso
175il cor che inteso non aveano; allora
il parlamento incamminossi, appunto
come i lunghi del mare icario flutti,
s’euro e noto gli spingono sboccando
del padre Giove da le nubi, o pure
180come quando alta messe impetuoso
zefiro inclina e fa ondeggiar le spiche.
In quel confuso movimento alcuni
a le barche correano schiamazzando
e da lor piedi sollevata in alto
185stava la polve, altri le navi a gara
afferrare esortavansi e in mar trarle.
Purgan sentine e van le grida al cielo
di chi affretta il partir, da le lor navi
sottraggono i puntelli, e allor per certo
190facean gli achivi oltrafatal ritorno,
se Giuno a Palla non movea parole:
     — Ahi così dunque a la natia lor terra,
figlia di Giove egidarmato invitta,
fuggiransi nel mar su l’ampio dorso
195gli achivi, a Priamo gloria ed a’ troiani
lasciando Elena argiva, per cui tanti
lungi dal patrio suol greci periro?
Deh, al ferrocinto popol degli achei
vanne ora tu e col tuo trattieni ognuno
200piacevol dire, né permetter mai
che l’ambidestre in mar navi sien tratte. —
     Così parlò, né l’occhiazurra dèa
Pallade fu restia, ma de l’Olimpo
da le cime discesa, andò in un tratto