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canto secondo 337


 
la d’argento borchiata agli omer spada
appese e il sempre conservato poi
paterno scettro prese ed a le navi
de’ ferrocinti achei sen gí con esso.
65Su l’ampio ciel salia l’Aurora a Giove
e agli altri dèi per nunziare il giorno,
quando agli araldi egli ordinò sonori
d’intimar parlamento, e fur ben tosto
i capelluti greci in pronto. Ei fece
70prima del pilio re Nestore al legno
seder la curia de’ canuti eletti,
a consultar poi die principio: — Udite,
amici, a me tra ’l sonno un divin sogno
venne in placida notte; al buon Nestorre
75la figura, l’aspetto, il modo affatto
simile, e sopra me stette e con queste
parole favellommi: «O d’Atreo prole,
che fu si saggio cavalier, tu dormi?
Nottinteri non denno uomin di stato
80e di senno posar, cui son commessi
popoli e cui tante son cose a core.
Odimi or tosto, poiché a te di Giove
nunzio ne vengo, il qual, se ben lontano,
prende di te pensier, sente pietate.
85Ei vuol che a tutte le chiomate schiere
l’armi prender tu faccia, ch’ora è il tempo
d’espugnar i’ampia dei troian cittade:
imperoché gli dii, che ne’ celesti
alberghi sono, piú tra sé contrasto
90non fanno; gli piegò tutti Giunone
pregando e strage a Troia aspra sovrasta
da Giove. Questo entro tua mente or serba».
Cosí detto, parti volando e il dolce
sonno allor mi lasciò; però si pensi,
95se possiam far ch’omai de’ greci i figli
s’armino. Io prima co’ miei detti, quanto