Pagina:Maffei, Scipione – Opere drammatiche e poesie varie, 1928 – BEIC 1866557.djvu/321


canto primo


chiusa faretra. Mentre si movea,
si udian le frecce tintinnar, ma egli
sen giá qual ombra occulto e dirimpetto
a le navi s’assise; indi uno strale
65scoccò, ronzando orribilmente l’arco
argentato. Di mira avanti ogni altro
prese i giumenti e gli oziosi cani;
ma di poi contra gli uomini vibrando,
il mortifero strai spinse, onde molte
70avvampavano ognor pire ferali.
Volar per nove di sopra l’armata
le celesti saette, e al fine Achille
chiamò il popol nel decimo a consiglio,
ché glielo pose in cor la bianchibraccia
75diva Giunone, cui de’ greci increbbe
che osservava perir. Poiché venuti
furono e in un raccolti, in vèr di loro
parlò rizzato in pié il veloce Achille:
— Atride, or noi di nuovo errando io stimo
80dovere addietro ritornar, se pure
fuggir morte saprem, giá che la guerra
e combatte la peste a un tempo i greci.
Su via però qualche indovino o almeno
sacerdote s’interroghi e fors’anco
85interprete di sogni (ché da Giove
anche il sogno procede), il qual ci dica
perché mai tanto in sen raccolga sdegno
Febo Apollo, se preci o tralasciate
ecatombe l’inasprino e se forse
90d’agnelli e capre scelte odore e fumo
placare il possa, onde cotanto danno
da noi discacci. — Cosi detto, Achille
si ripose a seder. Levossi allora
il buon figlio di Testore Calcante,
95il piú insigne tra gli áuguri ed a cui
il presente il passato ed il futuro