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Osmino. Io tutti chiamo in testimonio i dèi

che nulla fínsi e ch’il mio nome è Osmino
e che quanto allor dissi, Elpina, a te
tanto dissero a me
quegli stessi corsar che appunto a Sciro
bambino mi rapirò.
Narete.   Dunque rapito a Sciro
tu fosti, e fur corsar che ti rapirò?
Ma quanto avrá che ciò segui?
O.SM1NO. Ben tosto
del quarto lustro il second’anno appressa.
Narete.   O providenza eterna,
ch’ogni cosa governa! Osmin d’Alceo,
parlare io posso appena,
Osmin d’Alceo e di Silvia
è questi si, ma non il tuo, Licori.
(Juei non fu da corsari, e non a Sciro
fu tolto: a Lemno e dai traci, e fu tolto
forse tre anni innanzi.
Morasto.   E che fingi tu mai ?
Non ebbe Alceo piú d’un Osmino.
Narete.   È vero,
ma i genitori tuoi,
dopo aver te perduto,
a Tirsi in fasce ancor nome cangiaro,
ed Osmin il chiamaro.
Elpina.   Fia questi adunque il fanciullin smarrito,
di cui la veste in molto sangue intrisa
nel bosco si trovò vicina al lito.
Osmi no. Forse quel sangue era d’un fido veltro,
del quale udii che, a gran fatica ucciso,
fu poi gettato in mar.
Narete.   Il tutto è chiaro.
Ma non vedete voi
che l’un negli occhi e nella fronte ha il padre,
l’altro nel labro tutta