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di qual uomo ti privasti,
e che intenda a tuo sconforto
quanto è il torto
ch’or mi fai.
Nel mio cor si generoso
nel mio petto si amoroso
quanto errasti,
troppo tardi allor vedrai.
SCENA VII
Osmino e Narete.
Osmino. Questo clamor di marinari, questo
affrettar di soldati
con presagio funesto
mi feriscono il cor. L’ora fatale
s’appressa forse che, quai vili armenti,
a vender tutti ci trarrá l’avaro,
crudel corsaro?
Narete. A questo egli ci serba.
Osmino. All’antro ov’è Licori
n’andrò; pria che sia presa,
spirerò in sua difesa.
Narete. Pan, ch’ognun venera
qual dio possente,
quell’alma tenera
soccorri tu.
Osmino. Pietá ti stringa
d’un’ innocente
che di Siringa
leggiadra è piú.