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Ma che val? Nell’alma mia

— non saprei dir per qual via —
torna tosto quel desiro;
e qualora io ci rifletto,
mal mio grado e a mio dispetto
trovo te nel mio pensiero.
Però se a tua ventura
sai gir incontro, essa ti porge il crine;
ché dove gli altri in barbaro e lontano
suolo saran condotti,
tu, se a gradire ed a riamar t’appresti,
meco qui rimarrai,
e mia donna sarai.
Licori.   Tolgalo il ciel; del padre mio infelice
della sorella il fier destino anch’io
vo’ piú tosto seguir; mi tenti in vano.
Oralto.   Tu certo indegna sei
d’aver gli affetti miei;
certo fa grand’errore
chi far ti cerca onore.
Tu non t’accorgi ancor d’esser mia schiava,
tu non pensi che intero
ho sovra te l’impero
e ch’è sol cortesia
il chieder ciò ch’io posso
prendermi a voglia mia.
Licori.   Erri di molto; in serve membra io l’alma
sempre libera avrò; de le tue mani
può sempre uscir chi può del mondo uscire.
Sappi che giá fermato ho nel mio core,
tosto ch’oltraggio meditar ti vegga,
di lanciarmi nel mare,
ove piú cupo appare.
Or alto. Tanto funesto ed odioso oggetto
io dunque, o iniqua, ti rassembro?