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che tu parlassi con Licori, io sento

certo affanno nel sen che mi contrista.
Non so che sia, ma parmi
ch’una gelida mano
mi stringa il cor; meco ten vieni altrove.
Osmino. Vanne ch’or or ti seguirò; ma dimmi :
quand’altri a sé non manca,
l’accorarsi che giova? Uom franco e lieto
in gran parte delude il suo destino
e pronto è sempre ad afferrar ventura.
Lascia però che miglior sorte io speri,
giá che sol per virtú de’ tuoi begli occhi
mi tornarono in sen dolci pensieri.
Elpina.   Cosi mi bada? È un tristo, è un traditore,
ora il conosco; il lascio e me ne vado,
e quand’ei di parlarmi avrá desire,
farò vendetta e noi vorrò piú udire.
Licori.   A si vani pensier dá bando omai.
O SMINO. Non siain, non siam, Licori,
(mi credi) árbitri noi de’ nostri cuori.
Licori.   Alma oppressa da sorte crudele
pensa invan mitigar il dolore
con amore, ch’è un altro dolor.
Deh raccogli al pensiero le vele,
e se folle non sei, ti dia pena
la catena del pie, non del cor.

SCENA X

Oralto e Morasto.

Oralto.   Odi, Morasto: a colei vanne e dille

che a la clemenza mia
troppo mal corrisponde,
dille ch’assai m’offende
quel suo da me fuggir, che muti stile,